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#38 Il corpo perfetto non esiste, ma lo inseguiamo da secoli

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Come siamo finiti a misurare la nostra autostima in pixel, posture e pori dilatati. L'arte come sempre, ci dà una mano a capire.

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lug 07, 2025
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#38 Il corpo perfetto non esiste, ma lo inseguiamo da secoli
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Ciao, come state?

Domanda retorica, lo so. Con le città che bruciano, l’aria che sa di phon sparato in faccia a tutta potenza e l’asfalto che si scioglie come formaggio sulla pizza, il prossimo che mi dice “il cambiamento climatico non esiste” lo mando su Marte. Senza ritorno, possibilmente.

Non se ne esce, amiche e amici. Ci resta solo sperare che i nostri corpi reggano. Che non si sciolgano come gelati a Ferragosto. Che non prendano fuoco come le batterie dell’iPhone vecchio.
Già. I corpi. I nostri corpi.

Questi meravigliosi, fragilissimi, ingombranti involucri di carne, ossa e – dicono – anche anima. Oggi li adoriamo e li stressiamo allo stesso tempo. Li massaggiamo con oli esotici e poi li spremiamo in palestra per ore e ore. Li mostriamo sui social col filtro “pelle di porcellana” e poi ci dimentichiamo di bere un bicchiere d’acqua. Li fotografiamo da ogni angolazione, tranne quella in cui si vedono davvero.

In sintesi che cosa troverai in questa newsletter:

  1. Scoprire come e dove sono nati i Corpi Moderni, ovvero l’idea che oggi abbiamo del corpo. Racconto tra arte e storia.

  2. Una Mini Guida da salvare per scoprire le opere fuori dalla mostra Corpi moderni. Sono state selezionate anche per farti scoprire luoghi d’arte poco conosciuti.

  3. Aneddoti e libri da consultare. Leggere per approfondire è sempre una buona idea.

  4. Ah, neanche questa è la newsletter con la nuova guida dedicata a Barcellona a fine mese sarà tutta vostra. Promesso


Viviamo in un’epoca in cui il corpo non è solo corpo.

È immagine, performance, prodotto culturale. È qualcosa da migliorare, scolpire, “ottimizzare”. Un progetto infinito, che non prevede mai la parola “basta così”.
Non siamo mai abbastanza tonici, mai abbastanza depilati, mai abbastanza giovani. E soprattutto: mai abbastanza simmetrici. Lo specchio non perdona. Lo schermo del telefono nemmeno.

Eppure, dietro tutto questo culto, c’è una domanda che torna: quando nasce davvero l’idea del corpo moderno?
Quello che non è più solo un contenitore biologico, ma un’estensione della nostra identità. Il corpo che parla, che chiede, che seduce, che si ammala, che guarisce, che ci rappresenta.
Quando nasce il corpo che oggi mettiamo sotto i riflettori, nel bene e nel male?

Michelangelo Buonarroti, Studi per la Sibilla Libica. Metropolitan Museum of Art, lascito di Joseph Pulitzer, 1924. Visibile fino al 27 Luglio 2025, presso le Gallerie dell’Accademia di Venezia, nelle mostra “Copri moderni”.

La mostra Corpi Moderni alle Gallerie dell’Accademia di Venezia che ho visitato qualche giorno fa, parte proprio da qui. E ci racconta una storia che – sorpresa! – non comincia su Instagram, né con la prima influencer che ha detto: “ciao ragazze, vi lascio la mia morning routine per una pelle glow”.

Lo spunto di questa newsletter nasce proprio da lì, da quella mostra che mi ha letteralmente acceso una lampadina. Perché, lo ammetto, io questa domanda non me l’ero mai fatta davvero: quando abbiamo cominciato a vedere – e vivere – i corpi così come li vediamo oggi?

Nella mia testa, l’idea del corpo moderno è figlia del nostro tempo.

Di questi ultimi decenni, certo, ma soprattutto dell’era social, quella in cui ogni corpo è costantemente messo in vetrina, giudicato, confrontato, modificato.
Corpi da perfezionare, da mostrare, da ottimizzare. Sempre “on”, sempre pronti, sempre più apparenza che sostanza.
E la sostanza, dove la metti? Come nutri il cervello, l’anima? Come si coltiva la sostanza se gli input che ricevi – ovunque ti giri – ti urlano che devi avere il corpo scolpito, la pelle di vetro, la postura da pilates girl e il metabolismo da ventenne per tutta la vita?

Non si accetta di invecchiare, non si accetta che ogni corpo è diverso rispetto ad un’altro e che va bene così. Non si accetta la fluidità dei corpi, la loro unicità.

Intendiamoci. Non sto dicendo che non sia importante essere in forma e prendersi cura di sé stessi. Al contrario, credo fermamente che “l'abito faccia il monaco”, nel senso che la nostra presentazione riflette chi siamo e ci conferisce credibilità, specialmente in contesti come colloqui o presentazioni di progetti. Il nostro corpo comunica sempre e rappresenta noi agli altri. Tuttavia, è fondamentale comprendere che l'aspetto esteriore da solo non è sufficiente. Una presentazione curata, che non dovrebbe mai distanziarsi dalla nostra autenticità, deve essere supportata dalla sostanza. Sto solo ponendo la questione su come la nostra 'fobia' della perfezione fisica possa distorcere la nostra vera essenza e percezione di noi stessi.

La verità è che oggi curare il corpo è diventato un lavoro a tempo pieno. C’è la palestra, la nutrizionista, l’estetista, il massaggiatore linfatico, lo skin coach, il coach del coach. Tutti pronti a sistemarti, migliorarti, aggiustarti.
Ma ecco il colpo di scena: questa ossessione per il corpo perfetto non nasce oggi. E no, non è colpa solo dei social.

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